domenica 21 settembre 2014

Il dilemma del giudice


Nel corso degli anni sia gli inquirenti che i giudici si trovarono di fronte a veri e propri dilemmi, ai quali ciascuno reagì in modo diverso. Valga ad esempio iniziale la dicotomia che si verificò sulla prosecuzione della "pista sarda" dopo il delitto di Vicchio, con Ufficio Istruzione, il PM Izzo ed i carabinieri del colonnello Torrisi a seguire pervicacemente quella che non era più una pista, ma un sentiero accidentato appuntando l'attenzione su Salvatore Vinci, mentre i PM Vigna, Fleury e Canessa con la SAM andavano in cerca di soluzioni diverse (ma quali in realtà fossero, non è ben chiaro). Lo stesso G.I. Rotella ci pensò su due mesi abbondanti (da ottobre a fine dicembre 1989) prima di prosciogliere, su richiesta della Procura, Salvatore Vinci, oltre a tutti gli altri indagati per i duplici omicidi: e si sforzò in sentenza di far capire a chiare lettere che il motivo per cui l'imputato non veniva rinviato a giudizio eraunicamente, anche se in vigenza del nuovo c.p.p. non si poteva più scrivere, la vecchia e pilatesca "insufficienza di prove".

Più avanti, quando si celebreranno processi nei diversi gradi, la scelta diventerà più drammatica. Il giudice Ferri è ben convinto dell'innocenza di Pietro Pacciani, o meglio della labilità degli indizi raccolti a suo carico, come esporrà, oltre che nella sentenza (in effetti scritta dal giudice a latere Carvisiglia) in un suo volume di tono polemico; eppure anch'egli valuta e soppesa tra l'aspettativa di giustizia dei congiunti delle vittime ed il diritto dell'imputato ad avere un giusto processo ed ottenere una giusta sentenza. Ma sembra quella l'ultima volta in cui le ragioni del diritto prevalgono senza problemi davanti a quelle di opportunità e necessità che nel seguito diverranno, piaccia o no, prevalenti.

Già la sentenza di Cassazione Pacciani, che, comunque sulla base di valide argomentazioni giuridiche, annulla l'assoluzione e rinvia a nuovo processo di appello, ne è prova. La sentenza interviene il 12 dicembre 1996; a quell'epoca Lotti ha già fornito ampia confessione supportata da chiamate in correità e la consulenza Fornari-Lagazzi lo ha definito lucido, vigile, cosciente, pur se non intellettualmente brillante: in poche parole, può testimoniare (ugualmente hanno detto i consulenti del P.M. per il teste Alfa, Fernando Pucci); ed era evidente che si sarebbe andati ad un nuovo processo, contro Vanni e Lotti, per quei fatti per cui era stato processato – ed assolto in appello – Pietro Pacciani. Ora, quale sarebbe stata la pratica conseguenza di una conferma della sentenza di appello in Cassazione?

(SEGUE)

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