giovedì 29 ottobre 2015

Mosche a Scopeti (5)




Possiamo a questo punto chiederci quale fu l’influenza, sul piano investigativo, del duplice delitto di Scopeti e della sua errata datazione. Abbastanza paradossalmente, i carabinieri sono da subito convinti che il principale sospetto gliel’abbia fatta sotto il naso. Infatti, dopo un mese di pausa, dal 19 settembre al 16 ottobre, i controlli e i pedinamenti nei confronti di SV riprendono in maniera massiccia: a partire dal 4 novembre SV sarà controllato 24 ore su 24, ovviamente senza esito alcuno, giacché si tratta del proverbiale chiudere la stalla una volta che i buoi sono scappati. Con la collaborazione di Stefano Mele, tra settembre e ottobre, si torna a scavare sui fatti dell’agosto 1968 e sulla morte della prima moglie Barbarina nel 1960, fatto per il quale SV sarà infine arrestato e portato a processo.

Quanto allo specifico delitto di Scopeti, il Torrisi elabora un’ipotesi secondo la quale SV avrebbe potuto compiere il delitto tra le 20 e le 20.45 della domenica, passare dagli amici per procurarsi un alibi, tornare a casa, indi uscire dopo la mezzanotte, terminate le ore di sorveglianza, per andare ad imbucare, a San Piero a Sieve, la missiva alla Della Monica. L’attendibilità di questa ricostruzione è a mio parere minata alla base dalla valutazione dei resti di pasta e carne rinvenuti nello stomaco delle vittime, che, sempre che i periti non abbiano commesso anche sotto questo aspetto un sesquipedale errore, rimandano ad un decesso avvenuto almeno due ore dopo l’ultimo pasto. A (parziale) onore del Torrisi, bisogna però dire che fu l’unico tra gli inquirenti a valutare la possibilità di una diversa data di commissione del delitto; tanto da non escludere una retrodatazione addirittura al venerdì sera, come si vede nel seguente passaggio del rapporto già citato: <<È il caso di sottolineare infine, che il VINCI Salvatore dalle ore 23,00 del 7 settembre 1985, sino alle ore 09,30-10,00 del giorno dopo, sarebbe rimasto in casa, ma nessuno può escludere che possa essere uscito dalla mezzanotte in poi, non appena i militari hanno ultimato il servizio, né peraltro è da scartare la possibilità, salvo obiettivi elementi di riscontro, che la morte dei due francesi risalga alla notte sul 7 settembre>>. Da indiscrezioni ricevute so che sia il PM Izzo sia il colonnello Torrisi sono rimasti convinti fino all’ultimo della colpevolezza di SV, pur consci di non essere riusciti a dimostrarla.

L’ala non sardista della Procura, ossia Vigna, Canessa e Fleury, (per coincidenza, i tre PM che dopo l’omicidio di Scopeti ricevettero buste con proiettili Winchester cal. 22) chiuse invece definitivamente con la pista sarda; - più probabilmente l’aveva fatto già dopo Vicchio e il fiasco dell’arresto dei cognati Mele e Mucciarini - e indirizzò la SAM, organismo al quale i carabinieri partecipavano molto tiepidamente, su altre strade, che si concretizzarono, dopo un prolungato silenzio del Mostro, solo nel 1989-90.

L’abbandono della pista sarda fu dovuto proprio al fatto che non vi erano altri appartenenti al gruppo da inquisire e i precedenti erano in carcere o “sotto osservazione” dei CC mentre avvenivano gli omicidi. Il concetto è chiarito da Ruggero Perugini nella sua deposizione del 15 giugno 1994 al processo Pacciani. A domanda dell’avvocato Santoni Franchetti, anch’egli fedele seguace della pista sarda, l’ex capo della SAM risponde in questi termini (che traggo come sempre dalla trascrizione dell’udienza presente in “Insufficienza di prove”).

A.S.F.: Precedentemente si è parlato anche delle cosiddette “piste alternative”, perché furono abbandonate o meno. Poi il discorso venne, nelle scorse udienze venne abbandonato. Ora le volevo fare alcune domande su questo. Lei ha detto che per quanto riguarda - faccio riferimento alla sentenza di archiviazione del dottor Rotella, del giudice istruttore - alcune posizioni, non indagaste più perché, ovviamente mentre queste persone erano detenute, l'assassino ha colpito ancora, giusto?
R.P.: Erano detenute o erano sotto osservazione dei carabinieri.
A.S.F.: Sotto osservazione.
R.P.: Perché non tutte erano detenute.
A.S.F.: Una cosa diversa è essere detenuti durante un omicidio.
R.P.: Salvatore Vinci non era detenuto.
A.S.F.: Oh, io sto parlando apposta di Salvatore Vinci.
R.P.: Si.
A.B.: E c’è un alibi così e così…
A.S.F.: Ecco, io volevo chiedere, appunto… R.P.: No avvocato, io ho stima dei carabinieri.
A.B.: Va be’, grazie , io ho stima di tutti…
R.P.: Se i carabinieri dicono che ce l'avevano sotto osservazione, io devo dedurre…


Abbiamo però visto quanto efficace fosse l’osservazione alla quale era sottoposto nel settembre 1985 Salvatore Vinci.

(Continua)

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